
L’idea di un Natale dominato dall’alta pressione quest’anno perde rapidamente consistenza. Gli aggiornamenti più recenti dei principali modelli previsionali delineano infatti uno scenario molto più movimentato e, per diverse aree, decisamente delicato. Si profila l’arrivo di una perturbazione di origine nord atlantica, seguita dallo sviluppo di una ciclogenesi mediterranea e da una fase di maltempo persistente che potrebbe accompagnare gran parte della settimana natalizia. L’elemento più rilevante, e anche quello con maggiori possibili ripercussioni al suolo, è la probabile formazione di un ciclone sul Tirreno, capace di portare piogge frequenti, temporali localmente intensi e nevicate abbondanti sui rilievi.
È importante chiarire subito un aspetto fondamentale: non si tratta di un rapido passaggio perturbato destinato a esaurirsi in poche ore. Il segnale più significativo emerso dalle simulazioni riguarda la durata del peggioramento. Le proiezioni mostrano una struttura di bassa pressione in grado di rimanere a lungo sul Mediterraneo, rinnovando le precipitazioni sugli stessi settori. È proprio questa insistenza, più ancora dell’intensità di un singolo episodio, a determinare il potenziale di criticità per il territorio.
Il meccanismo: dal Nord Atlantico al Mediterraneo occidentale
Per comprendere perché il quadro meteorologico stia convergendo verso una fase così perturbata è necessario osservare la circolazione su scala emisferica. Tutto nasce da una modifica dell’assetto sul Nord Atlantico, con ondulazioni più pronunciate del flusso in quota. In sostanza, una parte dell’aria fredda riesce a scendere più facilmente verso l’Europa occidentale, mentre aria più mite e umida viene richiamata in avanti rispetto alla saccatura. È una dinamica ben nota, ma quando entra in gioco il Mediterraneo assume un ruolo centrale l’energia fornita dai mari, sotto forma di calore e umidità.
In questo contesto, uno degli elementi ricorrenti nelle elaborazioni modellistiche è l’ingresso della perturbazione attraverso la Porta del Rodano. Non si tratta di un luogo geografico preciso, ma di un corridoio atmosferico tra la Francia sud orientale e il Golfo del Leone, che favorisce la rotazione delle correnti e la nascita di un minimo barico sul Mediterraneo occidentale. Da qui può svilupparsi una depressione capace di coinvolgere il Mar Ligure e successivamente il Mar Tirreno, dove il contrasto tra le masse d’aria e l’energia marina sostiene l’approfondimento del vortice.
Quando questa configurazione si realizza, il tempo sull’Italia cambia in modo deciso. Non solo per effetto diretto della bassa pressione, ma soprattutto per il tipo di circolazione che si instaura: correnti umide meridionali su alcuni settori, flussi più freschi e instabili su altri, con la possibilità di linee di convergenza in grado di organizzare temporali anche di forte intensità. In questo contesto si inseriscono le nevicate in montagna, con quote variabili in funzione delle temperature, dell’intensità delle precipitazioni e della ventilazione.
Da lunedì 22 dicembre si entra nel vivo
I primi segnali del cambiamento, secondo lo scenario più condiviso dai modelli, emergono nella giornata di domenica 21 dicembre 2025, con un aumento progressivo della nuvolosità e l’avvicinamento di un fronte più organizzato. La fase più concreta del peggioramento è però attesa tra lunedì 22 dicembre 2025 e martedì 23 dicembre 2025, quando il maltempo tende a consolidarsi su ampie porzioni del territorio, in particolare sul Nord-Ovest, sul versante tirrenico, su parte del Sud e sulle Isole Maggiori.
Successivamente si entra nel cuore dell’evento. Tra la sera di martedì 23 dicembre 2025 e la giornata di mercoledì 24 dicembre 2025 le simulazioni indicano la probabile formazione, o un marcato approfondimento, di un minimo sul Mediterraneo centro occidentale con caratteristiche da ciclone mediterraneo. Il termine va inteso nel suo corretto significato meteorologico, ovvero una circolazione ciclonica associata a bassa pressione e a un sistema organizzato di fronti e precipitazioni.
Il giovedì 25 dicembre 2025, giorno di Natale, potrebbe quindi rientrare in una fase ancora pienamente attiva. Il venerdì 26 dicembre 2025, Santo Stefano, potrebbe mostrare segnali di attenuazione rispetto ai momenti più intensi, ma con fenomeni ancora diffusi, proprio a causa della tendenza del minimo a rimanere in prossimità della Penisola.
Perché la bassa pressione potrebbe durare così tanto
Il tema della persistenza è uno degli elementi chiave di questa configurazione. Un ciclone mediterraneo diventa particolarmente incisivo quando manca una spinta efficace capace di spostarlo rapidamente verso est. Questo accade se a ovest si consolida una struttura anticiclonica o un promontorio che funge da blocco, e se allo stesso tempo non interviene un flusso occidentale sufficientemente teso in grado di agganciare la depressione e trascinarla lontano.
In queste condizioni il minimo resta nei pressi del Tirreno e continua a ruotare una spirale nuvolosa che rifornisce le precipitazioni. Dal punto di vista fisico significa che più bande piovose possono interessare gli stessi bacini con intervalli ridotti. La criticità nasce non tanto da un singolo episodio violento, quanto dal fatto che le piogge si ripetono per più giorni. Accumulo e persistenza diventano quindi fattori determinanti.
Le zone più esposte: Nord-Ovest e tirreniche in prima linea
Con un minimo posizionato sul Tirreno e correnti umide meridionali o sud occidentali dirette verso la Penisola, alcune aree risultano naturalmente più vulnerabili. Il Nord-Ovest è tra queste, con Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta spesso coinvolte quando si combinano umidità e orografia. In particolare la Liguria rappresenta un esempio classico, dove la vicinanza tra mare e rilievi favorisce il sollevamento dell’aria e aumenta l’efficienza delle precipitazioni.
Anche il versante tirrenico riveste un ruolo centrale. Toscana, Lazio, Campania e settori della Calabria tirrenica possono essere interessati da piogge diffuse e localmente intense, soprattutto se il minimo mantiene un flusso continuo di richiamo dal mare. La Sardegna rientra tra le aree sensibili, con la possibilità di più passaggi instabili associati al vortice.
Sul lato adriatico molto dipenderà dalla posizione esatta del minimo e dalla rotazione delle correnti. In diversi scenari anche Marche e Abruzzo risultano coinvolte nelle fasi in cui la circolazione ciclonica favorisce convergenze efficaci lungo la costa o nelle aree interne collinari.
Pioggia e temporali: pesa più l’accumulo complessivo
Le proiezioni cumulative mostrano quantitativi rilevanti entro la fase centrale della settimana, con valori che localmente possono superare i 90 millimetri e arrivare oltre i 100 millimetri entro giovedì 25 dicembre 2025. In un contesto simile la valutazione del rischio dipende fortemente dalle caratteristiche dei suoli, dalla risposta dei bacini idrografici e dalle condizioni pregresse.
Resta però un dato oggettivo: quando una bassa pressione insiste e ricarica le precipitazioni sugli stessi settori aumenta la probabilità di criticità legate a corsi d’acqua minori, frane superficiali e allagamenti urbani, soprattutto nelle aree dove l’orografia amplifica i fenomeni.
Neve: accumuli importanti in montagna, quote variabili
Per quanto riguarda la neve è necessario mantenere un approccio prudente. L’aria in arrivo è di tipo polare marittimo, quindi fresca ma non particolarmente fredda, con un profilo termico che non sempre favorisce quote basse. Le nevicate più significative sono attese in montagna, con accumuli rilevanti sulle Alpi, in particolare sul settore occidentale.
Le indicazioni più solide parlano di neve abbondante oltre i 1000 metri sulle Alpi. In alcune situazioni, nelle valli interne di Piemonte e Valle d’Aosta, la neve potrebbe spingersi temporaneamente fino a 400 o 500 metri, ma si tratta di dettagli che richiedono aggiornamenti ravvicinati.
Sull’Appennino le imbiancate risultano più probabili oltre i 1300 metri, con possibili cali fino a circa 1000 metri tra Natale e Santo Stefano, qualora entrasse aria più fresca e le precipitazioni fossero sufficientemente intense.
Tra Natale e fine anno: possibile fase più fredda
Guardando oltre la fase centrale, alcune simulazioni ipotizzano un’evoluzione differente negli ultimi giorni dell’anno, con un possibile afflusso di aria più fredda di origine artica continentale dall’Europa orientale. Se questa tendenza venisse confermata, si potrebbero osservare temperature più in linea con l’inverno e localmente sotto media, con una maggiore probabilità di neve a quote inferiori in presenza di ulteriori depressioni mediterranee.
Al momento, tuttavia, si tratta di un segnale da monitorare con cautela e non di una previsione definitiva.
Un segnale stagionale: atmosfera più dinamica
Il fatto che l’alta pressione non riesca a imporsi in modo duraturo durante le festività e che il Mediterraneo sia invece interessato da una bassa pressione persistente indica una fase atmosferica più vivace rispetto a molti Natali recenti. Non significa necessariamente freddo intenso, ma un contesto più favorevole a perturbazioni organizzate e a fasi di maltempo prolungate.
È un segnale importante dal punto di vista meteorologico, perché una circolazione più dinamica implica maggiore variabilità e quindi eventi che meritano attenzione e monitoraggio continuo.
Credit: analisi basata sulle proiezioni dei modelli e dei run di ECMWF, NOAA con GFS, ICON, AROME, ARPEGE
